Once Upon a Time Normcore

Sandali portati con calzettoni, felpe indossate anche per le occasioni più eleganti, mantelle imbottite e il grande ritorno del “temutissimo” marsupio.

Il New York Magazine l’ha chiamato Gorpcore e questo nuovo neologismo ci racconta una nuova fase dello street fashion, la tendenza defiantly ugly di vestirsi in città con pezzi che si indosserebbero in montagna o in campeggio.

 

LA GIUNGLA URBANA ESIGE ABITI COMODI, TECNICI, AL DI FUORI DEI FASHION TREND

Definirlo uno stile street sarebbe riduttivo e banale. C’è chi lo definisce anche mountain chic o camping glam, tutte versioni di un principio molto semplice: ti vesti come se dovessi fare un’escursione in montagna, solo che devi prendere la metro per andare dall’altra parte della città. Un mix tra abiti tecnici e tempo libero, ma che indossi mentre sorseggi un long drink.

A farla sempre più da padrone nelle passerelle impermeabili oversize, piumini, abiti in pile, zaini e dettagli in velcro.

Se Gorpcore deriva dall’acronimo “Gorp”, ovvero “Good Old Raisins and Peanuts” – tradotto in italiano significa più o meno “uva passa e noccioline” – è pur vero che questo stile si pone come tipico abbigliamento da giungla urbana, un po’ come le noccioline sono il tipico spuntino degli escursionisti.

 

 

 

L’EVOLUZIONE DEL NORMCORE CREA NUOVE ALLEANZE TRA ABBIGLIAMENTO TECNICO E GRANDI FIRME

 

E così ci si ritrova oggi, come nel 2013, a concentrarsi sul fascino dell’ennesima etichetta. Allora la società di comunicazione newyorkese K-Hole, definì il bisogno delle persone di trovare un proprio stile al di fuori dei fashion trend attraverso l’uso di tutti quei capi cosiddetti “normali” (t-shirt bianca, jeans a vita alta, maglioni oversize e semplici sneakers o ciabatte ai piedi) con un termine di grande successo che fece il giro del mondo: Normcore.

Allo stesso modo il Gorpcore riflette un nuovo mood contemporaneo: un continuo muoversi con disinvoltura tra i grandi ostacoli della city, con gran poco tempo da sacrificare ad una moda scomoda e rigida.

Prende piede sempre più l’idea che nulla possa essere più stiloso di tutti quegli abiti che abbiamo sempre pensato non lo fossero per niente. Uno su tutti, il pile.

 

In passerella, vengono liberati tenute da campeggio e sandali in stile Teva (Prada) portati con calzettoni, borracce e impermeabili, materassini-cappotto (Marques’ Almeida) e mantelle imbottite (Givenchy). Burberry ci mostra un gorpcore chic in cui al centro dell’attenzione c’è proprio la felpa.

Le grandi firme si alleano con i colossi dell’abbigliamento super-sportivo: Sacai con The North FaceOpening Ceremony con ColumbiaVetements con Canada GooseAdidas con Raf SimonsBirkenstock con CelineSupreme con Louis Vuitton.

Vetements manda addirittura un messaggio estremo (metti quello che vuoi), Gucci favorisce la grande rivincita del marsupio, questa volta allacciato obliquo sul petto, adottato da brand high street come Urban Outfitters.

Patagonia e Moncler tornano in auge mentre quello che viene posto in evidenza è un processo non solo interno alla moda ma con una portata molto più sociale. Fino agli anni ’90 la moda dettava regole e schemi da seguire. Nel nuovo millennio il parere del pubblico acquisisce sempre più un peso fondamentale.

IL GORPCORE DICHIARA GUERRA AL FAST FASHION E PREMIA ABITI PIU’ DUREVOLI, PRATICI ED ETICI

Comincia così una guerra al Fast fashion che negli ultimi anni ha riempito i nostri armadi di abiti poco pratici e durevoli, lo shopping diventa più consapevole e attento: si cercano capi di valore la cui produzione non comporti lo sfruttamento di risorse umane.

La contaminazione tra consumatore e tendenza ha subito un’evoluzione, da unidirezionale a reciproca. Il pubblico è sempre più soggetto attivo che contamina con i suoi input personali le tendenze del momento e i cambiamenti sociali.

Uno stile più facile e più comodo, dove viene meno la responsabilità di scegliere qualcosa che è “alla moda” a tutti i costi. Il “che cosa mi metto?” diventa il “decidere di non decidere”.