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GRANDMASTER FLASH

GRANDMASTER FLASH: IL “GRAN MAESTRO” CHE HA CREATO L’HIP HOP E CAMBIATO LA CONSOLLE

Chi ascolta la trap deve sapere che dietro c’è l’hip hop. Chi ascolta l’hip hop deve tanto, tantissimo, a Grandmaster Flash. Quando Joseph Saddler, nato 63 anni fa a Bridgetown, Barbados, si è trasferito nella Grande Mela, lato Bronx, sognava di cambiare per sempre la sua vita. Alla fine ha cambiato anche la storia della musica.
Proprio a New York il suo astro inizia a brillare di luce propria. Anzi, condivisa: con i Furious Five sconvolge letteralmente la piazza con movenze, outfit, ritmi e soprattutto temi che da quelle parti, dove le tendenze non arrivano ma nascono, non si erano ancora mai visti né sentiti. Il punto di svolta è una canzone simbolo, considerata dalla rivista Rolling Stones “il migliore brano hip hop di sempre”: The Message. Per la prima volta un pezzo centrato su un semplice beat, apparentemente orecchiabile e innocuo, sicuramente memorabile, raccontava la temperie ribollente di quegli anni di abusivismo, criminalità e intolleranza che spesso si riversavano sulla comunità afroamericana. Qualcosa stava cambiando, un genere appena nato stava improvvisamente maturando.
La fame dei veri pionieri è insaziabile: la portata innovativa di Grandmaster Flash ha infatti rivoluzionato anche l’universo sconfinato della consolle, lasciando un segno indelebile nella tecnica del djing: dobbiamo a lui il famoso scratch, il punch phrasing (l’atto di isolare il segmento di un brano e inserirlo in un’altra traccia) e il backspin, che ha migliorato il modo di concepire i loop e le successioni tra una canzone e l’altra. Saddler ha saputo miscelare pop, punk e rap con la maestria dell’alchimista, influenzando generazioni di artisti tra cui New Order, Red Hot Chili Peppers, Run-DMC, Public Enemy, Eminem, Busta Rhymes, Tupac Shakur, The Notorius BIG, Snoop Dogg, The Roots, solo per citarne alcuni. Uno versione romanzata ma fedelissima della sua straordinaria storia è la serie “The Get Down” di Baz Luhrmann. Anche se il modo migliore per conoscerlo è ascoltare la sua musica e le sue parole: “Ho preso i dischi e li ho usati come fossero dei controller. Senza questo l’hip hop non sarebbe mai esistito”.